Basta vivere nell’attesa del principe delle fiabe

di Maryg Baccaglini | 28.08.2018

Lo so che sei cresciuta con la fiaba in testa e l’happy ending nel cuore. Lo so, perché eravate tutte uguali. Un manipolo di bambine con i grembiuli inamidati e i colletti bianchi, che giocavano alla principessa rinchiusa nella torre, sola, persa, in attesa.

Deve essere stato rassicurante crescere in attesa, di quell’attesa tipica di chi sta aspettando di essere salvata.

Ma nel racconto della tua vita, solo della tua, lo scrittore doveva essere ubriaco. Me lo vedo con una bottiglia di acqua naturale, mentre scrive storie tutte uguali di principesse scialbe e inutili, lo vedo chino su un foglio annoiato, che dovevano essere annoiati sia il foglio sia lo scrittore, e lo vedo alzarsi su gambe magre e incerte e andare verso la credenza bianca, quella nell’altra stanza, aprire un’anta, prendere una bottiglia di vino e iniziare a versarsi bicchieri colmi di creatività liquida.

E quando pensa di essere traboccante di storie nuove, comincia a scrivere la tua e la immagina diversa dalle altre. Chissà perché a te è capitato un destino diverso. Dev’essere stato il vino. O la noia. O l’estro bizzarro di uno scrittore ubriaco. O tutti questi elementi insieme.

Era annoiato lui, mica tu, tu te ne ne stavi serena dentro una torre aspettando di essere salvata. Ma lui no.

Ti ha creata dal nulla, senza una traccia, un canovaccio, senza qualcuno che gli dicesse come farti. E poi come te, ne ha create tante altre, per non farti sentire sola.

Ed eccoti, eccoci, una generazione di donne che passano qualche tempo ad aspettare in una torre un prode eroe che le salvi da un destino funesto, per poi decidere che il tempo è scaduto. Che la loro storia è scaduta anch’essa, come il formaggio che lasci ammuffire nel frigo.

Ti vedo che giochi alla principessa. Ti riconosco tra tante perché ti ricordo. Perché sei me. Ti vedo e ti riconosco. Mi riconosco. Da bambina mi dissero che ero vanitosa perché passavo molto tempo davanti agli specchi. Io non ho mai avuto il coraggio di replicare che non era vanità, ma paura. La paura di dimenticarmi come fossi fatta. E adesso, che sono una donna compiuta, che sono una madre e nella lista delle cose che descrivono chi sono c’è molto altro che donna e madre, mi ricordo di me, quando ero una bambina e mi ricordo di me non per le vecchie fotografie, ma per tutte le volte che mi sono fermata a guardarmi allo specchio.

Ti vedo che giochi alla principessa. Mi vedo così come mi ricordavo. Con i capelli color miele e gli occhi grandi. Gli occhi vivi. Puoi vedere il futuro dei bambini dai loro occhi e c’è chi a sei anni, otto, dieci, cinque, ha già gli occhi spenti, tristi, rassegnati. Ma tu no. Tu hai mantenuto nel tempo la curiosità di chi non ne ha avuto abbastanza.

Mi avvicino e con una scusa ti faccio uscire da quel manipolo di dame da compagnia di cui ti sei sempre attorniata. Bambine, adolescenti, ragazze, donne, che quando ti muovi si muove anche una tribù di risatine e voci alte.

Ti dico che lo scrittore è ubriaco e per te ha pensato a qualcosa di diverso, una storia nuova su una tela bianca, che lo scrittore è anche un po’ pittore e quando non ce la fa a scrivere, dipinge la storia della tua vita e le parole diventano un quadro, e il quadro si trasforma in una frase, ed è tutto un susseguirsi di vocali, consonanti e paesaggi bellissimi.

Ti dico che per te non ci sarà nessun principe, che puoi smetterla di giocare alla dama che deve essere salvata, io lo so, io sono te e il futuro lo conosco. Siamo figlie di uno scrittore ubriaco, dopotutto.

Ti vedo che mi guardi con aria spaesata, come a dirmi “E adesso?” e allora sorrido perché non sei cambiata per niente. Davanti agli stravolgimenti della vita ti fai prendere dal panico, ma dura tutto poco, una frazione di secondo e poi accogli la novità con entusiasmo.

“E adesso vivrai ancora un po’ sulla scia della possibilità, ti darai tempo per sognare ancora un Principe che si arrampichi sulla torre più alta del castello. Poi arriverà un giorno in cui capirai che non arriverà nessuno”. È paura cieca nei tuoi occhi, la vedo, potrei respirarla. Ma la lascio galleggiare ancora un po’. “E poi?”. “E poi prenderai una spada, infilerai l’armatura e lascerai il vestito di crinoline abbandonato sulla sedia, che non ti serve, non ti è servito mai, ucciderai il drago, che se muore il drago muoiono tutti i draghi che c’erano dentro e fuori di te, e sapere di avercela fatta, di aver ucciso il tuo più acerrimo nemico, ti darà una forza pazzesca. Monterai in groppa a un cavallo e imparerai come si tengono le briglie, che a tenerti al cavaliere hai avuto tutta la vita, ora bisogna imparare a direzionarlo, il cavallo.

T’accamperai da qualche parte, dove non ha importanza, monterai una tenda e ti addormenterai da sola. Proverai la strana sensazione di dormire da sola in un giaciglio che ti sembrerà troppo grande, ma non temere, durerà solo una notte. Quella seguente ringrazierai per avere a disposizione tanto spazio e nessuno con cui condividerlo, nessuno che ti viene addosso interrompendo i tuoi sogni, nessuno che parla – che chissà cosa deve dire la gente di notte – nessuno che russa, nessuno che ti farà venire caldo. Supererai l’inutile paura del buio e dei rumori e capirai che se hai sconfitto il drago, che saranno delle cicale che friniscono all’unisono?

I tuoi occhi di bambina si stanno abituando a quella quantità disarmante di informazioni scioccanti e si rilassano, piano. Vedo quasi della felicità attraversarli, come un arcobaleno che si impone nel cielo dopo un acquazzone.

“E poi?” domandi. Ma non è più un “E poi” colmo di ansia, ma di curiosità.

T’hanno fatto curiosa. Ci hanno fatto curiose.

“E poi succederà. La vita intendo. Succederà. Ti innamorerai. Ti ferirà. O lo ferirai tu. E passerai gli anni a cercare di non essere ferita e se sarai una brava persona ti impegnerai a non ferire a tua volta. Hai ucciso il drago, che sarà mai un cuore? Ma se sarai cresciuta bene, saprai che il vero potere è la possibilità di uccidere un cuore, ma non farlo.

Pagherai le bollette. A volte da sola, altre a metà. Cucinerai. A volte da sola. Altre per qualcuno. Dormirai. A volte da sola. Altre con qualcuno. Ti emozionerai. Viaggerai. Piangerai. Avrai una vita normale a volte, stupefacente altre disastrosa a fasi alterne. Mediocre, dio non voglia. Bellissima, se t’impegnerai.

Ma il punto è questo: che vivrai. Per te stessa e non nell’attesa. Per te stessa e non per trovare un Principe.

Con te come protagonista e non con te come comparsa scema che non sa fare niente senza l’aiuto di qualcuno. Che mi spiegherà lo scrittore perché nella favole le principesse sono così completamente inette.

Sarai la protagonista assoluta di un’opera di un tizio ubriaco che a volte racconta di te con le parole, altre con il pennello.

Dimmi se puoi essere più fortunata di così.

“Siamo davvero fortunate”, mi rispondi.

E io capisco che sono sempre là, incastrata nello specchio di una bambina che i più consideravano vanitosa. Ma aveva solo paura di non riconoscersi più.

Una bambina che da oggi imparerà come uccidere tutti i mostri che le hanno cucito addosso.

L’AUTRICE – Maryg Baccaglini è una blogger e conduttrice radiofonica per Radio Padova. Di lei dice che è una sognatrice, un’eterna disordinata, amante del vino e delle buone maniere e ottimista, con qualche riserva. Si è fatta notare sul web con la sua pagina facebook, Confessioni di una mente cinica, isterica e romantica, dove dispensa, o almeno ci prova, consigli sulle relazioni con (auto)ironia. Il 20 settembre esce per Garzanti il suo primo libro, Mal che vada ci innamoriamo. La protagonista, Allegra, è convinta di sapere tutto sull’amore, che per lei è solo una delle tante cose che possono succedere nella vita. Forse per questo riesce ad avere la giusta lucidità per rispondere alle lettere che le donne le scrivono sulla sua rubrica le “Storie possibili”. Ma tanto Allegra è brava a dispensare verità sull’amore, tanto è negata con sé stessa. Il suo cuore è lì, messo al sicuro in una botte di ferro. Fino a quando il giornale per cui lavora la licenzia e Allegra si ritrova a trent’anni disoccupata e a condividere un monolocale. Il futuro le sembra oscuro. Eppure le sue amiche sanno qual è la soluzione: è arrivato il momento di fare la sua lista dell’uomo perfetto e cercare anche per lei l’anima gemella, mettendo da parte la carriera…

 

Fonte: www.illibraio.it