Iris Donati fra le piante si sente a casa. Una casa vera, quella che non ha mai avuto, perché fin da piccola ha vissuto in giro per il mondo sola con il padre. È a Londra, al Chelsea Flower Show, quando annusando una rosa si ritrova di fronte due occhi uguali ai suoi.
Così Iris incontra per la prima volta Viola, la sua gemella da cui è stata separata alla nascita a di cui non ha mai saputo l’esistenza. Prima di quel momento, almeno. Comincia così l’avventura delle due ragazze che per risolvere il grande mistero della loro famiglia arrivano fino in Italia, dove trovano ad aspettarle Nonna Giulia Donati.
Impareranno qui che ogni coppia di gemelle della famiglia, da secoli, ha il compito di salvaguardare la sopravvivenza del giardino di famiglia, imparando a prendersene cura, e soprattutto scoprendone il grande potere: quello di curare l’anima.
Ma c’è un mistero che affonda le radici nel passato della famiglia Donati, e che sta uccidendo il giardino…e saranno Iris e Vola a doverlo risolvere. Il giardino dei fiori segreti (Garzanti) è la storia di un legame spezzato e quella di due ragazze che insieme ritrovano le loro radici.
Dopo Il sentiero dei profumi e La custode del miele e delle api, Cristina Caboni – sarda, un marito e due figli – racconta una nuova storia capace di trasportare il lettore tra i canali di Amsterdam, i giardini londinesi e le lussureggianti colline toscane.
Su ilLibraio.it, per gentile concessione di Garzanti, proponiamo l’incipit:
“Il giardino è contemplazione, spazio. È il luogo dove poggiare i propri pensieri, ma soprattutto il giardino è silenzio.”
La voce profonda si leva sugli alberi. Il vento la raccoglie e la porta lontano. Da dietro una siepe di rose, Bianca osserva suo padre. Lo ascoltano tutti quelli che siedono intorno a lui. Vengono quasi ogni giorno a seguire le sue lezioni. Bianca china la testa, gli occhi sull’erba, il pensiero che si raggomitola intorno al suo cuore. Allora
stringe le piccole mani, e solleva lo sguardo.
Ha una cosa da dire a suo padre. Una cosa importante. Lui non si è accorto che il giardino parla, e racconta tante cose.
E quel pensiero, la consapevolezza di ciò che ha scoperto, la riempie di gioia. Finalmente suo padre le rivolgerà un sorriso, parlerà di lei alla mamma dicendole quanto è stata brava, lo dirà a tutti che anche lei è una vera Donati.
“Shhh, zitta! Lo sai che non dobbiamo interromperlo.”
Ma Bianca non dà retta alla sua sorellina. Le brillano gli occhi, sa che deve rivolgersi a lui con rispetto. Sa anche che deve attendere.
Solo che ha troppa fretta, e la sua impazienza la spinge a correre accanto a Lorenzo Donati, ad afferrargli una manica, a tirargliela forte: “Però i petali delle rose che cadono fanno rumore. E i fili dell’erba che spuntano, e anche le margherite che sbocciano. Il giardino parla. Lo fa continuamente. Io l’ho sentito”.
Ecco, lo ha detto bene, senza balbettare nemmeno una volta. Continua a guardarlo. Ma poi i suoi occhi lo lasciano, e corrono altrove, verso un lontano ripiano di pietra. Vi sono adagiati dei libri, come tesori. Il cuore le batte forte, già sente sotto le dita la carta spessa, vede le illustrazioni, sente l’odore delle piante essiccate.
Il desiderio si accumula tra gli occhi e il cuore. Ci sono i dipinti dei fiori, tra quelle pagine. E tante storie. E insieme
ai libri una scatola di colori, e poi sacchetti di semi per le aiuole.
Lo sa perché li ha visti da lontano. Sono un premio.
A un tratto si rende conto del tempo che passa, delle parole felici che non arrivano. Si volta lentamente. E incontra quegli occhi identici ai suoi.
Ma non vi trova il sorriso, né l’orgoglio.
“Il giardino parla, io lo so. Lui mi racconta tante cose.” Prova a ripeterlo. Questa volta la sua voce è solo un sussurro, e tra le parole ha lasciato ampi spazi.
Uno sguardo severo è l’unica risposta. Suo padre le afferra la mano. Camminano insieme per un tratto e poi Lorenzo si ferma. Quando le stringe il mento, Bianca capisce che non avrà i libri, né i colori. “Non devi interrompermi, lo sai.»
“Però è vero, il giardino parla.”
“Ci torneremo sopra più tardi. Adesso va’ in casa, e restaci.”
Il cuore di Bianca prende a battere forte, gli occhi pizzicano. Le parole di suo padre sono pietre che affondano sulle siepi di cotonastro là accanto, dove le bacche splendono arrossate dal sole. Allora lei pensa ai fiori bianchi e profumati del ligustro, che delimitano il prato dove Lorenzo Donati tiene le sue lezioni. Poi il suo sguardo si perde oltre, verso la valle che circonda il castello.
Conosce quel luogo. Quello è il suo mondo. Là è nata dieci anni prima. Quello è il suo giardino. Le parole di suo padre non sono altro che folate di vento adesso, di quello che corre via senza lasciarsi dietro nemmeno il profumo, nemmeno un suono. Continuano a cercarla, a sfiorarla. Ma lei le ignora, finché sente ancora la delusione in quel sospiro che la paralizza. Ed ecco, nuovamente il giardino le parla: l’erba che geme sotto le scarpe arrabbiate, i cespugli che fremono sfiorati dai passi impazienti, finché non resta il vuoto. L’assenza.
“Ti avevo avvertito. Perché non mi ascolti mai?” La sorella le prende la mano.
Ma Bianca si sottrae, fugge via. Ora i fiori piangono i loro petali, e accompagnano le sue lacrime. Corre come la musica che accompagna i suoi sogni, e la rabbia. Le dita sfiorano le azalee, le ortensie e le camelie.
All’improvviso il bosco si apre. Eccola, la rosa che cercava. Ecco il suo rifugio. Un istante, e poi la rosa dei mille anni l’accoglie tra i grossi tralci e i nodi antichi.
Chiude gli occhi, la fronte poggiata sulla corteccia ruvida, il respiro che si fa più regolare. Quando li riapre, il sole penetra attraverso le foglie. Lei solleva la testa e osserva i petali rossi, che fluttuano nell’aria e poi si posano sul muschio di smeraldo ai suoi piedi spandendo intorno, come ultimo gesto, il loro profumo. E mentre allunga la mano per riempire il piccolo pugno di quel tesoro, le spine l’accarezzano.
Dovrebbe temerle. Il padre l’ha messa in guardia molte volte: “Devi fare attenzione, le spine feriscono”. Ma la rosa è sua amica. Non le farebbe mai del male. Ha provato a dirglielo. Ma lui non presta attenzione, non sente le sue parole. “Ascoltami”, vorrebbe gridargli, “ascoltami, ti prego, ma è già lontano. Dietro di sé ha lasciato gli sguardi spazientiti e i sospiri delusi. I silenziosi rimproveri, la mano che atterra sul legno del tavolo e schiocca la sua disapprovazione.
“Non ci riesco, non ci riesco a essere come lui vuole”, continua a sussurrare alla rosa. Un fremito, poi una folata di vento. Questa volta i petali prima di raggiungere l’erba si posano su di lei, come una carezza. La sua rosa la ama. Bianca lo sa, e per la prima volta sorride.
(continua in libreria…)
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Fonte: www.illibraio.it