“La biblioteca dei fisici scomparsi”, un romanzo che ricorda i ragazzi di via Panisperna

di Redazione Il Libraio | 25.08.2024

Laureata in Lettere, Barbara Bellomo, autrice di diversi romanzi e con all’attivo diverse pubblicazioni di storia romana (ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia antica e ha lavorato per diversi anni presso la cattedra di Storia romana dell’Università di Catania), torna in libreria per Garzanti con La biblioteca dei fisici scomparsi.

Bellomo, che insegna italiano in una scuola superiore di Catania, nel nuovo romanzo porta lettrici e lettori in un luogo unico, l’istituto di via Panisperna, in cui l’odore dei libri si mischia alla polvere del gesso delle lavagne.

Ida – la protagonista del libro – sa bene che la biblioteca di via Panisperna è un luogo speciale. Da quando lavora lì la sua vita è cambiata. Tra quelle aule, rubando nozioni di fisica dagli studiosi più importanti della materia, ha infatti assaporato l’indipendenza e la libertà (cosa non comune per le donne nell’Italia degli anni Trenta).

barbara bellomo la biblioteca dei fisici scomparsi

Lì ha incontrato lo studioso Ettore Majorana, di cui è diventata amica. Lì ha incontrato Alberto e l’amore più grande che si possa provare. Ma all’improvviso tutto cambia. Il padre ha scelto per lei un marito e a lei non resta che celare sotto mille strati di rimorsi un grande segreto.

Nel frattempo il gruppo di giovani fisici si divide, fino alla misteriosa scomparsa di Majorana. È la fine di un’era. Sono passati tanti anni da allora, Ida ormai è una donna adulta. Eppure è a quel passato che la sua mente si aggrappa ora che tutto sembra crollarle attorno. Per non cadere, l’unica soluzione è tornare all’ultima volta in cui è stata felice. Tornare con i ricordi tra quelle aule. E con la speranza all’idea che Majorana non sia morto ma abbia solo deciso di cambiare vita, forse perché le sue ricerche scientifiche stavano diventando pericolose. Le sono arrivati indizi che questo sia possibile e che con Majorana ci sia Alberto. Il suo Alberto. Forse sono solo dicerie. Ma quando la vita va sottosopra basta ogni piccolo afflato di emozione per sentirsi ancora vivi. E Ida sente che deve venire a patti con le luci come con le ombre della sua vita…

Un romanzo che si lega alla vera storia dei “ragazzi di via Panisperna“, appellativo che fu dato al gruppo di scienziati italiani, con a capo Enrico Fermi, che negli anni ’30, a Roma, produsse studi di importanza storica nell’ambito della fisica nucleare.

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

Roma, gennaio 1928

La pioggia leggera, le mani sudate dall’emozione e il timore di non essere all’altezza. Ha paura che abbia ragione suo padre. Per quanto si sia documentata su come funzioni una biblioteca, sui sistemi di catalogazione e sulla fisica quantistica, sa bene di essere ancora impreparata su molto.

Serra i pugni e respira a fondo.

All’ingresso vede due uomini intenti a fumare e chiac­chierare, con la familiarità che lega due amici. Uno alto, con il camice grigio, le sembra molto distinto ed elegante. Forse per via degli occhiali rotondi con la montatura di metallo, del volto ovale e del mento sporgente o forse per come gesticola. Lei, imbarazzata, si limita a fare un cenno con la testa e loro ricambiano, con sua sorpresa, con un sor­riso. Ripassa, come una studentessa al primo giorno di scuo­la, le spiegazioni di Orso Mario Corbino e intuisce di avere davanti Franco Rasetti, il fisico sperimentale, amico e colle­ga di Fermi sin dai tempi dei comuni studi a Pisa. Su chi sia l’altro nutre dei dubbi.

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Sale su per le scale, tremando a ogni passo, ma quando entra dentro l’istituto sente la sicurezza tornare, sostenuta dalla voglia di vincere quella sua sfida personale.

Ad attenderla trova l’anziano bibliotecario che lei deve aiutare e in parte sostituire. Ha l’aspetto trasandato, nel suo completo stazzonato. I modi si rivelano subito gentili, eppu­re Ida ha la continua sensazione che la guardi come un’alie­na e, mentre le illustra i suoi compiti, più volte sottolinea che quello non è un ruolo per donne.

«Ma siamo nel 1928», sbotta lei.

Lui abbassa gli occhiali con l’indice fino alla punta del naso e le risponde: «Cosa intende dire?».

Dopo un lungo momento di imbarazzo i due entrano finalmente in biblioteca.

Ida rimane sorpresa dagli alti scaffali che arrivano fino al soffitto, ricolmi di volumi di matematica e fisica. Dapprima la delusione. Sono tutti tomi con la copertina di cartone o car­toncino beige o marrone, piuttosto sottili, pieni di formule matematiche, mentre lei si era immaginata grossi volumi ric­chi di spiegazioni, rilegati in pelle, con copertine colorate. Ma quando volge lo sguardo verso un palchetto discosto, scorge svariate opere di letteratura. Un dettaglio che la fa sentire subito a casa. Le sfiora con l’indice, poi osserva il grande tavo­lo ovale di legno lucido con otto sedie, anch’esse di legno, e quando alza gli occhi vede due lampadari a braccio con delle coppe di vetro chiaro. Li trova bellissimi e moderni.

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Barbara Bellomo – foto di Nunzio Platania

Al termine del giro dell’istituto l’ondata di paura e insicu­rezza sembra essersi placata, sostituita dalla curiosità, e quando finalmente il bibliotecario la conduce in una stanza piena di fascicoli da catalogare e di libri da sistemare, si sente pronta a iniziare.

Si accomoda davanti alla macchina da scrivere nera con i tasti bianchi, quella che per diversi anni sarebbe diventata la sua preziosa compagna di viaggio. Titubante infila un car­toncino da catalogazione e digita con l’attenzione dell’ine­sperienza le lettere dell’autore e del titolo.

Dopo alcune ore si alza per fare una pausa e si accorge con disappunto di avere i polpastrelli sporchi di inchio­stro.

Alla ricerca di un lavello, lascia le sale della biblioteca e si aggira per il piano semideserto. È intenta a leggere una targa di ottone: ENRICO FERMI. PROFESSORE ORDINARIO DI FISICA TEORICA, quando le giunge un rumore. Si discosta dall’uscio e fa finta di guardare nella libreria alla sua destra. Due uomini procedono verso di lei. Uno è il signore che ha visto all’ingresso con Rasetti, l’altro un giovane magro, suo coe­taneo, di circa un metro e settanta, con i capelli neri.

Cammina senza nascondere nel suo incedere una nota di timidezza.

Parlano fittamente. «Vedrai, ne vale la pena. La fisica è ben altra cosa dell’ingegneria. Quella che si studia qui alme­no», dice il primo uomo.

L’altro va avanti in silenzio, il cappello stretto fra le mani.

I loro sguardi si incrociano. Il copricapo rotola a terra e lei istintivamente si piega a raccoglierlo. È così che si trova faccia a faccia con il giovane dagli occhi scuri e intelligenti.

Un lungo brivido e il cuore inizia a batterle forte. Lei sa chi ha davanti: Ettore Majorana. Sorride incredula, ricam­biata da lui impacciato.

«Sono Ida Clementi», gli sussurra. «Ci siamo conosciuti a Catania a un pranzo con le nostre famiglie alle pendici dell’Etna.» Ida ricorda bene che appena aveva saputo che a quella gita sarebbero stati invitati anche i Majorana, si era sentita elettrizzata. I Majorana erano a Catania una di quel­le famiglie che non passavano mai inosservate. Conosciuti non solo e non tanto per «la roba», quanto per l’ingegno. Rivive in quel momento l’emozione provata mentre parlava con lui e le torna in mente anche quanto Ettore fosse stato gentile con lei e premuroso verso sua sorella, la piccola Maria.

 

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«Non ho dimenticato affatto.» Abbozza un sorriso. «Solo che non mi aspettavo di trovarla qui.» Ettore prende il cap­pello dalle sue mani. Gli occhi fissi l’uno in quelli dell’altra. Poi le fa un cenno con il capo e senza dire altro entra nello studio di Fermi, lasciando la porta aperta.

È quella per lei una ghiotta occasione per soddisfare la sua voglia di conoscere quel nuovo mondo. Così si alza sulla punta dei piedi e sbircia dentro. Una scrivania, un porta abiti, una lavagna al muro piena di formule e di calcoli e, appoggiata alla parete, una racchetta da tennis.

«So da Amaldi che già vi conoscete.» Le parole del profes­sore richiamano la sua attenzione sul gruppo di uomini. Fermi indica il giovane che le è passato veloce davanti. Ha l’aria sicura e le labbra carnose. Dopo poco continua le pre­sentazioni e indica l’uomo alto e snello: «Franco Rasetti, il nostro fisico sperimentale e assistente di laboratorio». Una pausa che dura come un battito di ciglia e riprende: «Ho saputo da Segrè delle sue doti di matematico, della sua pro­pensione al calcolo, della sua curiosità per lo studio teorico. Come forse saprà le nostre ricerche sono per ora varie. Non ci occupiamo solo di spettroscopia, ma lavoriamo anche al modello statistico dell’atomo. Se desidera le faccio vedere dei lavori sull’argomento», e mostra una pila di carte sulla scrivania.

Majorana fa una domanda. Ida non sente bene cosa chie­da, ma vede Fermi prendere una tabella o quella che a lei sembra esserlo. «Studiare gli atomi in termini quantitativi richiede ordine, costanza e intuizione» e gli passa un foglio. Ida a quel punto, per paura di essere vista, si rifugia in biblioteca.

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La mattina seguente lei è già lì quando vede entrare di nuovo Ettore che, senza farsi neanche annunciare, va dritto fino allo studio di Fermi.

Ida lo segue. Lo sente chiedere di rivedere la tabella e dopo pochi secondi mostra un foglietto ripiegato con una serie di calcoli.

Non dice altro se non: «La tabella è corretta». Poi esce.

Lei sgrana gli occhi. Un ragazzo poco più che ventenne sfida Fermi? Davvero pensava di potere trovare lui, tanto più giovane, un errore?

In silenzio Ida si dirige verso la biblioteca, ma Majorana prima di varcare la porta si ferma, si gira e le sorride.

E quel sorriso è per lei una prima piccola conquista.

© 2024, Garzanti S.r.l., Milano
Gruppo editoriale Mauri Spagnol

(continua in libreria…)

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Fonte: www.illibraio.it