Definito dallo stesso Gide un «intermezzo semifrivolo tra due opere troppo serie» ‒ La porta stretta e I sotterranei del Vaticano ‒ Isabelle (1911) è una specie di laboratorio, un esercizio letterario per superare l’autobiografismo e sperimentare la via del récit impersonale. Gérard Lacase, studente e aspirante romanziere, scopre in un antico castello il ritratto di una donna affascinante; stregato dall’angelica innocenza di quel volto, se ne innamora perdutamente fino a confondere realtà e illusione, ma il romantico sogno è destinato a infrangersi contro un’orrenda verità. La sinfonia pastorale (1919) anticipa il grande scenario dei Faux monnayeurs: è il racconto in forma di diario della patetica relazione tra un pastore protestante svizzero e una povera ragazza cieca travolti da un’“educazione sentimentale” che corrompe sia il maestro sia l’allieva. L’ignoranza del male nella fanciulla, di cui la cecità è un simbolo, si rivela meno pericolosa della conoscenza del bene nel pastore, che non ha il coraggio di riconoscere la natura del proprio sentimento e che, equivocando in malafede tra carità evangelica e amore terreno, conduce la vicenda a un tragico epilogo.