«Noi ci affolliamo in cento, schiamazzando e tumultuando in nome della verità, a scrivere il romanzo del corpo umano; Fogazzaro solitariamente, silenziosamente scrive il romanzo dell’anima». Così recensiva il Daniele Cortis (1885) Edoardo Scarfoglio, mettendone in luce il carattere controcorrente in un contesto culturale dominato dal naturalismo. L’impossibile liaison tra Daniele Cortis, fervente cristiano e idealista animato da un sogno di riforma che lo spinge a intraprendere la carriera politica, e la cugina Elena Carrer, donna di alta coscienza morale sposata a un barone siciliano che non la comprende e la umilia, è la storia di due creature d’eccezione in un mondo di meschini e mediocri, di intriganti e dissoluti. Tentati dalla ribellione in nome del diritto di amarsi, i due protagonisti accettano alla fine la separazione in ossequio ai principi che hanno nutrito il loro legame. Ma la rinuncia alla felicità non è la rinuncia all’amore che si sublima nel sacrificio unendo per sempre due anime pure e forti nella promessa di una fedeltà senza tempo: «finché io viva e più in là».
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