Con una narrazione che già anticipa la scrittura tipica del linguaggio televisivo, Scerbanenco mette in scena il «canto del cigno» della «società del narcisismo di massa» – come scrive Gianni Canova nella sua prefazione –, facendosi in qualche modo profeta di quella frammentazione del racconto che caratterizzerà la telecrazia dei decenni a seguire.
Con una narrazione che già anticipa la scrittura tipica del linguaggio televisivo, Scerbanenco mette in scena il «canto del cigno» della «società del narcisismo di massa» – come scrive Gianni Canova nella sua prefazione –, facendosi in qualche modo profeta di quella frammentazione del racconto che caratterizzerà la telecrazia dei decenni a seguire.