«Il tempo è scardinato», si lamenta Amleto. È la sensazione che avvertiamo tutti noi. È vero che da sempre il progresso tecnologico ed economico è accompagnato – e forse causato – dall’accelerazione. È vero che il trasporto sempre più veloce di uomini e mercanzie, l’accelerazione degli scambi e dei commerci, per non parlare delle armi, sono senz’altro il marchio della modernità. Tuttavia oggi più che mai il tempo ci sfugge. Il presente, ovvero la nostra vita quotidiana, si infittisce fino a scoppiare di impegni che si sovrappongono e si accavallano. Il futuro, che l’economia mondiale ha cercato di addomesticare facendo gonfiare a dismisura il credito, si è praticamente azzerato in una crisi di proporzioni planetarie. I primi a sperimentare gli effetti di questo eccesso di velocità sono stati gli uomini politici, le star dello spettacolo e dello sport, i grandi manager. Ma ora il fenomeno, grazie alla diffusione delle nuove tecnologie, che permettono di restare connessi sempre e dovunque, si è diffuso a livello di massa. Il tempo breve esplora, con finezza e profondità, la malattia forse più grave della nostra epoca, quella che ci sta facendo perdere alcuni fondamentali punti di riferimento. Marco Niada ripercorre in una felice sintesi la storia del tempo, dagli antichi calendari ai monasteri, dai mercati alle microfrazioni di secondo dei moderni traders. E soppesa l’impatto che questa mutazione ha avuto su di noi, uomini e donne del nuovo millennio: perché sta cambiando per sempre la nostra capacità d’attenzione, la nostra immaginazione, la nostra memoria, la nostra identità.
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