Introduzione, traduzione e note di Lanfranco Binni
Immaginate due persiani che agli inizi del Settecento, durante un viaggio alla scoperta della civiltà occidentale, arrivano a Parigi: in una Francia in cui si consuma il passaggio dall’assolutismo del Re Sole alla reggenza, travolta da una crisi finanziaria senza precedenti. Sorpresi e stupiti, osservano e annotano. Da questa invenzione narrativa nascono le Lettres persanes (1721), trattatello filosofico travestito da romanzo epistolare che Montesquieu utilizza per scavare nell’attualità politica. Attraverso la fitta corrispondenza che i due viaggiatori, Usbek e il suo giovane amico Rica, intrattengono con la natia Persia, prendono forma due intrecci narrativi: le storie orientaleggianti del serraglio di Isfahan e le drammatiche vicende del ben più caotico serraglio francese, l’uno metafora dell’altro, accomunati dai meccanismi visibili e invisibili del dispotismo. Si dice Persia e si intende Francia.